Il controllo microbiologico, per le aziende agroalimentari, è sempre d’attualità e la ricerca offre, in particolare grazie ai nuovi strumenti basati sull’analisi del DNA, innovazioni che possono garantire un monitoraggio e prevenzione dei contaminanti microbici fino a qualche anno fa impensabile. Uno degli strumenti principe per questo tipo di controllo è il Challenge Test.
Se ne è parlato oggi al Dipartimento di Biotecnologie dell’Università di Verona in un evento promosso dall’Ordine dei Tecnologi Alimentari del Veneto Trentino Alto-Adige (OTAV) e Microbion, azienda nata dall’Università per promuovere l’innovazione in ambito microbiologico, e patrocinato anche dall’Associazione Nazionale Biotecnologi Italiani (ANBI).
Stefano Zardetto, Presidente OTAV, ha sottolineato come sia “sempre più necessario per chi lavora nelle aziende, come i tecnologi alimentari, disporre di strumenti in grado di andare oltre il semplice genere e specie dei microrganismi presenti, maggiore infatti è la capacità di caratterizzazione maggiore è la nostra capacità di gestirli, siano essi microrganismi positivi o negativi”.
Tra i temi trattati l’isolamento, l’identificazione e l’impiego di ceppi con tratti caratteristici che ne aumentano la resistenza e la capacità di sviluppo in condizioni tipiche per la produzione agroalimentare, oltre ai sistemi di identificazione microbica con metodi basati sul DNA per tracciare i ceppi.
Si è discusso inoltre di microbiologia predittiva per lo sviluppo di modelli per la crescita, la sopravvivenza e l’inattivazione dei microrganismi negli alimenti, con l’obiettivo di valutare il rischio microbiologico e supportare l’ottimizzazione dei processi produttivi. Molto interessante e di frontiera anche l’utilizzo di ceppi, in particolare produttori di batteriocine, come antagonisti di specie contaminati nella filiera alimentare al posto di antibiotici e conservanti.
Davide Ederle, Presidente ANBI, ha posto l’accento sull’ “evoluzione tecnologica resa possibile dalle biotecnologie permette di conoscere in profondità i microrganismi che caratterizzano le produzioni alimentari. Per poter sfruttare al meglio queste nuove possibilità è necessario un dialogo forte tra biotecnologi e tecnologi alimentari. Eventi come questo aiutano questi due mondi a conoscersi e a lavorare insieme per garantire prodotti di qualità e sempre più sicuri”.
Non sono mancati gli esempi e le testimonianze provenienti da tre grandi settori che fanno largo uso di microrganismi quali quello lattiero-caseario dove si è affrontato il tema del miglioramento continuo della qualità attraverso sistemi di monitoraggio dei contaminati in linea e caratterizzazione di ceppi difficili da rilevare; quello delle carni lavorate con le possibili strategie di gestione di Listeria monocytogenes nella filiera della carne; infine le problematiche microbiologiche associate alla pasta fresca durante la produzione e la shelf-life del prodotto.
Antonio Del Casale, presidente di Microbion, ha spiegato che “questo evento corona un percorso iniziato con un progetto POR finanziato dalla Regione Veneto che aveva proprio come obiettivo quello di sviluppare e rendere disponibile per le aziende alimentari nuovi strumenti per garantire un efficace monitoraggio e gestione della biodiversità microbica dei processi di produzione alimentare. Grazie ai risultati di questo progetto oggi le aziende possono avere informazioni molto precise sui ceppi di microrganismi che caratterizzano i loro processi, consentendo di ottenere prodotti di maggior qualità e più controllati”.